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giovedì 10 marzo 2016

I GRASSI NEGLI ALIMENTI... SONO PROPRIO DA EVITARE?

Da più di mezzo secolo ci dicono che uova, formaggi, latticini, bistecche e sopratutto il burro sono dei killer, ma oggi la scienza scopre invece che non è vero.

Leggi qui e vedi chi e perché smentisce tutto...


Da più di cinquant'anni ormai i grassi saturi (soprattutto quelli di origine animale) vengono accusati di tutti i mali possibili. A cominciare dall'accusa di essere i responsabili dell'occlusione delle arterie e di predisporre, quindi, alle malattie cardiovascolari.
In realtà le cose non stanno proprio in questi termini...
Non è affatto vero che i grassi saturi siano nocivi: lo dimostrano molte ricerche recenti e, in particolare, un megastudio condotto in Canada dalla McMaster University e pubblicato sulla rivista
scientifica British Medical journal.
Non è stata trovata, infatti, alcuna associazione fra gli alimenti ricchi di grassi saturi come carni, tuorli d'uova, latte vaccino e derivati, e una maggior incidenza di patologie cardiovascolari, ictus e diabete di tipo II.
Un'altra prova si aggiunge a dar corpo alla recente tesi che negli ultimi 50 anni questi prodotti siano stati ingiustamente banditi per motivi di salute.

Che cosa sono i grassi saturi, prima di tutto?

Si tratta di molecole di origine prevalentemente animale che si trovano nel burro, nelle uova, nel lardo, nella pancetta, nel latte e in molti prodotti confezionati.
I grassi saturi vengono quindi introdotti nel nostro corpo con la dieta, ma non solo.
Anche l'organismo è in grado di produrre grassi saturi. In particolare è il nostro fegato a trasformare i
carboidrati in eccesso in grassi saturi.

E a che cosa servono?

I grassi saturi sono utili per la nostra sopravvivenza perché svolgono due compiti fondamentali.
Da una parte ci aiutano a mantenere costante la nostra temperatura corporea (intorno ai 36°),
dall'altra ci forniscono l'energia indispensabile al funzionamento dei muscoli e ci permettono quindi di compiere il quotidiano lavoro fisico e muscolare.

La vicenda del burro

Partendo dal presupposto che i grassi saturi sono fondamentali per la nostra salute, è necessario fare un po’ di chiarezza su molti falsi miti diffusi da troppo tempo.
Basti pensare, per esempio, al burro, alimento ricco di grassi saturi da sempre presente nella dieta mediterranea. Il fatto che sia stato demonizzato negli anni Cinquanta e Sessanta è dovuto principalmente a ragioni di marketing, cioè per incentivare l'utilizzo della margarina.
In realtà è proprio la margarina a contenere grassi nocivi per la salute perché si tratta di un pro-
dotto industriale che parte dalla lavorazione di un olio vegetale, ma che, alla fine del processo di lavorazione, contiene grassi trans, cioè molecole infiammatorie.
In natura non esiste infatti la margarina, che è a tutti gli effetti un prodotto alimentare-industriale e non un cibo.
Il burro, invece, è un emulsione di acqua e molecole di grassi ed è un alimento naturale, utile per
la crescita e l'integrità delle cellule dell'intero organismo.
Il burro, inoltre, contiene grassi a catena corta Il che significa che, come emerso da numerosi studi, i suoi effetti sono positivi sul nostro Dna e non solo.
Il burro ha un'azione positiva anche sulla flora batterica intestinale grazie alla presenza dell'acido butirrico.
Inoltre non è affatto vero che il burro faccia aumentare troppo il colesterolo. Basti pensare che una porzione di burro, (10 grammi), contiene 24 milligrammi di colesterolo, pari all'8% della dose
giornaliera consigliata di colesterolo alimentare, pari a 300 mg!
Inoltre, bisogna tener presente che l'organismo umano ha bisogno di colesterolo e, se non lo si introduce con l'alimentazione, le cellule lo producono da sé.
Il burro, infine è uno dei pochi alimenti che contegono l'importantissima vitamina D, che agisce sull'ntegrità delle ossa e sul buon funzionamento del sistema immunitario. Accanto a essa, il
burro contiene le altre vitamine liposolubili K ed E, con i loro effetti protettivi e salutari.

Tornando al discorso più generale dei grassi saturi, non esistono studi che mettano in relazione il
loro consumo con l'aumento del rischio di malattie cardiovascolari.
E la ragione è semplice: non è il loro utilizzo a creare problemi, ma il loro abuso, come accade per qualunque alimento.

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